📵 Dal 12 novembre, niente SPID = niente porno.

03 Novembre 2025

L'Italia entra nell'era dell'identità verificata per il web adulto

Dal 12 novembre 2025, navigare su determinati siti internet in Italia richiederà qualcosa di inedito: dimostrare chi sei. Non più un semplice click su "Ho 18 anni", ma un sistema di verifica che coinvolge soggetti terzi certificati. La decisione dell'AGCOM di imporre questo meccanismo a 48 piattaforme di contenuti per adulti rappresenta un punto di svolta nella regolamentazione di Internet in Italia.

La lista ufficiale, pubblicata venerdì scorso, include colossi come Pornhub, YouPorn, Xvideos, OnlyFans, Chaturbate e Xhamster, accanto a decine di servizi meno noti. Ma questa è solo una frazione dei siti accessibili dall'Italia: molti portali famosi e frequentati mancano ancora all'appello, e la lista è destinata a espandersi.

Ma dietro l'obiettivo dichiarato di proteggere i più giovani si nasconde una questione più profonda: stiamo costruendo le fondamenta di un web sorvegliato?

Come funziona (o dovrebbe funzionare) il nuovo sistema

Il meccanismo introdotto dall'Autorità si basa sul cosiddetto "doppio anonimato", un'architettura che sulla carta sembra tutelare la privacy. Ecco come dovrebbe funzionare:

  1. L'utente tenta di accedere al sito per adulti
  2. Il sito richiede una "prova dell'età"
  3. L'utente si rivolge a un soggetto terzo certificato
  4. Il soggetto terzo verifica la maggiore età e rilascia un codice temporaneo
  5. Il codice viene presentato al sito, che verifica solo che l'utente sia maggiorenne
  6. La verifica vale per una singola sessione: se si chiude il browser o passano 45 minuti di inattività, tutto va ripetuto

In teoria, l'azienda che certifica l'età non sa quale sito l'utente vuole visitare. Il sito riceve solo una conferma generica di maggiore età, senza conoscere l'identità dell'utente. L'architettura sembra progettata per minimizzare i rischi privacy: nessuna conservazione di documenti sui server delle piattaforme, nessun riconoscimento facciale biometrico, nessun collegamento diretto tra identità e contenuti visualizzati.

Il lato oscuro della "burocratizzazione" del web

Ma c'è un problema: il sistema appare farraginoso, macchinoso, ripetitivo. Dovrà essere applicato a ogni singolo accesso, rendendo l'esperienza utente estremamente pesante.

Questa incertezza operativa nasconde una verità scomoda: stiamo normalizzando un principio. Per accedere a contenuti perfettamente legali, per quanto controversi, devi passare attraverso un sistema di certificazione. Devi identificarti, anche se indirettamente. Devi accettare che qualcuno, da qualche parte, registri qualcosa.

E l'infrastruttura tecnologica, una volta operativa, rappresenta un precedente potente.

Dalla protezione al precedente: cosa viene dopo?

Qui emerge il nodo cruciale che l'AGCOM stessa non nasconde: la delibera prevede che questo sistema "potrà essere applicato anche ad altri tipi di contenuti che secondo la legge possono danneggiare lo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori".

Traduzione: oggi i siti per adulti, domani potenzialmente:

  • Piattaforme di gioco d'azzardo online
  • Siti che vendono alcolici
  • Social network con contenuti "sensibili"
  • Qualsiasi servizio ritenuto "lesivo" per lo sviluppo dei minori

Il testo normativo lascia margini interpretativi sufficientemente ampi da consentire estensioni future. La delibera prevede addirittura la creazione di un "gruppo di lavoro tecnico permanente" per seguire l'evoluzione delle tecnologie e dei regolamenti. In altre parole: questo è solo l'inizio.

La fallacia

La narrazione che ci viene proposta è semplice: da un lato c'è un Internet adulto e pericoloso, pieno di contenuti scabrosi; dall'altro, un Internet sicuro e igienizzato, adatto ai minori. La conclusione logica che ci viene servita è che, per proteggere i secondi, sia indispensabile limitare, sorvegliare e recintare il primo.

Questa è una scorciatoia intellettuale che porta dritta all'erosione dei diritti fondamentali. È lo stesso schema mentale che sta dietro a battaglie come il "Chat Control" europeo o le restrizioni sulle VPN: l'idea che, in nome di una sicurezza assoluta (e irraggiungibile), si possa sacrificare la privacy di tutti.

SPID: dentro o fuori?

Un dettaglio interessante che merita attenzione: nonostante le prime notizie parlassero di SPID e CIE come strumenti di verifica, l'AGCOM ha precisato che SPID non potrà essere utilizzato direttamente. Il rischio è che il gestore dello SPID possa risalire ai siti visitati, compromettendo l'anonimato.

Questo rivela una consapevolezza: anche l'autorità sa che legare l'identità digitale statale alla navigazione personale è pericoloso. Eppure, il sistema proposto costruisce comunque un'infrastruttura di certificazione che, seppur indiretta, crea quello stesso tipo di tracciabilità potenziale.

Il vero costo: libertà digitale e disuguaglianza

Stiamo assistendo alla nascita di un Internet a due velocità:

  • Uno "certificato", accessibile a chi accetta di passare attraverso sistemi di verifica farraginosi
  • Uno "libero", riservato a chi sa usare VPN, proxy, reti anonime

Ma gli strumenti di anonimizzazione non sono alla portata di tutti. Richiedono competenze tecniche, risorse economiche (le VPN affidabili sono a pagamento), e in alcuni casi possono violare i termini di servizio delle piattaforme.

Il risultato? Una disuguaglianza digitale dove la privacy diventa un privilegio, non un diritto.

Le domande che nessuno sta facendo

Chi controlla i controllori? I soggetti terzi certificati: quali audit sono previsti? Chi garantisce che non subiscano violazioni? Cosa impedisce che i dati "anonimi" vengano correlati in futuro?

Dove finiscono i metadati? Anche senza identità o URL, la correlazione tra timestamp, pattern di accesso e comportamenti può rivelare molto su una persona.

Funzionerà davvero? L'esperienza internazionale mostra che i sistemi di age verification sono facilmente aggirabili. Stiamo costruendo un'infrastruttura invasiva per un risultato incerto.

Qual è il piano B? Se i siti internazionali decidono di bloccare l'Italia piuttosto che adeguarsi (è già successo in altri paesi), cosa accade? Creiamo un nuovo digital divide?

L'elefante nella stanza: l'educazione digitale

Nessuno contesta la legittimità di proteggere i minori dall'esposizione precoce a contenuti inadeguati. Il punto è: questa misura affronta davvero il problema alla radice?

Un adolescente che vuole accedere a contenuti pornografici troverà sempre un modo: siti non nella lista AGCOM, piattaforme straniere, VPN, Telegram, Discord. La tecnologia da sola non basta.

L'alternativa non è il laissez-faire digitale, ma un approccio più complesso e meno popolare mediaticamente:

  • Educazione sessuale e affettiva nelle scuole
  • Educazione digitale che insegni il pensiero critico
  • Supporto ai genitori nel monitoraggio consapevole
  • Strumenti di parental control efficaci e trasparenti
  • Responsabilizzazione delle piattaforme sulla moderazione

Ma queste soluzioni richiedono tempo, investimenti, cambiamenti culturali. Una delibera che impone un sistema tecnico è più veloce, più visibile politicamente, più facile da comunicare.

La strada lastricata di buone intenzioni

La delibera AGCOM nasce da un'esigenza reale: i fatti di Caivano del 2023, che hanno scosso l'opinione pubblica, hanno spinto il governo a intervenire con urgenza. Il cosiddetto "decreto Caivano" ha introdotto misure per contrastare la criminalità minorile e rafforzare la tutela dei giovani, anche online.

Ma è importante precisare: nessun legame diretto è mai stato dimostrato tra quella vicenda e l'uso di pornografia da parte dei minori. Il nome "decreto Caivano" ha piuttosto un valore simbolico. Stiamo usando un caso drammatico per legittimare una trasformazione strutturale di come funziona Internet in Italia.

Conclusione

Il nostro compito come cittadini digitali consapevoli, non è opporsi a priori né applaudire acriticamente. È vigilare, analizzare, anticipare le conseguenze a lungo termine. È chiedere trasparenza, proporzionalità, limiti chiari.

È smantellare una volta per tutte l'argomento più tossico del dibattito pubblico: "se non hai nulla da nascondere, non hai nulla da temere". La privacy non è l'occultamento della colpa. È il diritto alla curiosità, alla libertà di esplorare idee e informazioni senza che questa esplorazione venga registrata, tracciata e potenzialmente archiviata.

Perché tra la protezione dei minori e la sorveglianza degli adulti c'è una linea sottile. E ogni volta che quella linea si sposta, difficilmente torna indietro. Come ci ricorda la storia, la strada per un inferno di controllo è spesso lastricata di buone intenzioni per proteggere gli innocenti.

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